Sistema Sanitario Nazionale informatizzato con più governance ed integrazione professionale

Il Patto per la sanità digitale può decollare solo se si cambia la governance complessiva dell’informatizzazione e dei sistemi che oggi la caratterizzano nel Sistema Sanitario Nazionale, secondo la Presidente IPASVI Barbara Mangiacavalli. Presentato a Roma da Federsanità Anci e Fimmg il progetto NUSA, “Nuvola per la Sanità“.

L’innovazione digitale deve poter svolgere un ruolo chiave nell’evoluzione contemporanea sia dei modelli assistenziali, sia in quelli organizzativi, come fattore abilitante e in alcuni casi determinante per la loro realizzazione. Lo dice il “patto nel patto” quel Patto cioè per la sanità digitale previsto nel Patto per la salute, che, scritto sulla carta, rischia di rimanere lì, come quasi tutto ciò che riguarda l’informatizzazione del Sistema Sanitario Nazionale.

E per questo parte degli attori che nel Sistema Sanitario Nazionale hanno il ruolo fondamentale di dare vita e realizzare i suoi obiettivi di salute, hanno deciso di mettere in campo nuovi strumenti che possano fare da carburante al motore – per ora fermo – della sanità digitale.

Uno di questi è NUSA (Nuvola per la Sanità), presentato a Roma dai suoi animatori, Federsanità Anci e Fimmg, perché proprio il Patto per la sanità digitale sottolinea come in un contesto che vede la chiusura di presidi sanitari, la loro trasformazione, il potenziamento delle cure primarie e l’articolazione della rete ospedaliera in hub & spoke, l’innovazione digitale deve poter svolgere un ruolo chiave nell’evoluzione contemporanea sia dei modelli assistenziali, sia in quelli organizzativi, come fattore abilitante e in taluni casi determinante per la loro realizzazione.

Tutto questo si può fare “ma se non si cambia la governance complessiva dell’informatizzazione e dei sistemi che oggi la caratterizzano nel Sistema Sanitario Nazionale, ogni sforzo rischia di finire in un vicolo cieco”, secondo Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione IPASVI, invitata alla presentazione di NUSA per illustrare punti di vista, idee e proposte della categoria più numerosa di professionisti che nel Sistema Sanitario Nazionale si occupano dell’assistenza: gli infermieri.

Secondo Mangiacavalliancora molta parte dell’attività assistenziale è affidata a strumenti cartacei. Sono poche le esperienze di documentazione informatizzata a e ancor meno quelle di documentazione informatizzata integrata. Cartelle cliniche integrate sulla carta ce ne sono molte, ma quelle reali di tipo informatico, via web e digitali, sono ancora molto poche” e questo soprattutto perché nel tempo, ha spiegato la Presidente IPASVI, è “mancata una governance di tutto il sistema: negli anni si sono succedute una serie di stratificazioni e prima è stato informatizzato il pronto soccorso, poi il laboratorio e ancora la radiologia e così via, ma tutti questi sistemi non si parlavano tra loro. Ancora oggi quando si registra un paziente in pronto soccorso, a volte non si riesce a far parlare i vari sistemi operativi e aumenta il rischio di errore clinico, aprendo una serie di questioni che speriamo con il Patto si possano risolvere”.

Per Mangiacavalli occorre abbandonare la “potestà” che ogni sistema può avere e affidarsi a una governance che possa tenere conto di tutti gli aspetti e si muova in un disegno organizzativo preciso – in questo senso la Fondazione NUSA può dare un importante contributo – con cui si definiscano una serie di livelli di privilegio, quali sono i professionisti che possono intervenire su questi sistemi informativi, con quale livello di intervento, ma soprattutto come mettere in rete e rendere interoperabili questi sistemi. Altrimenti non realizzeremo mai la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, ma nemmeno quella all’interno dello stesso ospedale.

La continuità delle cure tra ospedale e territorio che potrebbe trarre un vero benefico dall’informatizzazione, resta invece il vero “buco nero”: “Il paziente – afferma Mangiacavalli – viene dimesso nella maggior parte delle volte con un foglio di dimissione (se c’è) dove i colleghi dell’ospedale spiegano al collega dell’assistenza domiciliare (se il paziente è preso in carico a questo livello) il percorso assistenziale seguito nella struttura sanitaria, nulla di più. Credo si debbano superare queste barriere e si debba abbandonare il senso di sovranità che ognuno di noi ha sul proprio sistema.

La Presidente IPASVI ha poi indicato luci e ombre attuali dell’informatizzazione.

Tra le ombre c’è anche un problema legato al rischio clinico: non si possono e non si devono utilizzare meccanismi non certificati, come ad esempio, semplici email per comunicare con i pazienti e come ora accade. “Se il paziente subisce un danno e dichiara di non aver letto o non ricevuto l’email del medico – spiega basandosi su fatti realmente accaduti – chi ci va dei mezzo è lo stesso professionista, anche se in buona fede. Si deve superare l’intento volontaristico e artigianale che ognuno e ogni struttura sanitaria ha messo in campo e andare verso regole definite di governance per lavorare davvero in rete e con continuità di informazione”.

Tra le luci c’è il vantaggio che l’informatizzazione aiuta e garantisce l’integrazione professionale. “Siamo troppo abituati ad avere fogli volanti – afferma Mangiacavalliprescrizioni volanti, mentre con l’informatizzazione dei sistemi si abbatterebbe ad esempio il rischio di errore prescrittivo e di somministrazione, anche senza arrivare alla cartella clinica integrata e limitandosi al processo prescrittivo-terapeutico. Con l’informatizzazione i professionisti sarebbero in diretto e, soprattutto, corretto contatto tra loro, potendo garantire quella continuità tra diagnosi, terapia e assistenza che oggi tra incomprensioni, possibili errori e razionalizzazioni selvagge, rischia di vacillare”.

Per quanto riguarda le carenze del quadro normativo di riferimento e delle regole di privacy, secondo Mangiacavalli il problema è che ancora oggi molti sistemi applicativi aziendali consentono l’accesso ai documenti indistintamente a tutti e il Garante si è espresso in questo senso affermando che all’interno dell’ospedale non tutti possono e devono vedere tutto. “Il problema quindi è chi deve vedere e cosa. Troppo è un rischio, ma se non si può accedere alle informazioni utili nelle varie fasi del processo di cura e di assistenza, alla fine si deve ricorrere a qualcosa ancora di cartaceo per ricostruire la storia del paziente”.

L’informatizzazione quindi è necessaria – ha concluso Mangiacavalli – ma per aiutare e garantire tanti processi, deve essere governata. E perché ciò sia possibile è necessaria anche una sollecitazione ai sistemi informativi, ai Ced che li realizzano e a chiunque sia coinvolto a questo livello, perché ascoltino le necessità dei professionisti che devono lavorare con i sistemi e devono farlo in modo agevole e sicuro, altrimenti diventa peggio che non utilizzarli affatto.

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