Il Patto per la Salute appena approvato prevede che accanto ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e agli specialisti ambulatoriali e ai farmacisti ci sia “l’assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone”.
Aggiunge anche la necessità della “valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare di quella infermieristica, finalizzata alla copertura dell’incremento dei bisogni di continuità dell’assistenza, di aderenza terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità”.
Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI)
La professione fa un altro passo avanti nel suo cammino, entra nelle case delle persone, contrasta le disuguaglianze soprattutto nelle aree interne e garantisce un’assistenza territoriale accessibile soprattutto a una popolazione che invecchia e presenta sempre più cronicità e disabilità, con la necessità di soddisfare bisogni di assistenza complessi che gran parte delle famiglie non può affrontare da sola. Ed è una ulteriore conferma dell’assistenza universalistica, equa e omogenea su tutto il territorio che sia la Costituzione, sia la stessa legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale promettono ai cittadini.
Ringraziamo il ministro della Salute e le Regioni per aver accolto la richiesta della Federazione di innovare il SSN attraverso l’introduzione dell’infermiere di famiglia/comunità, scegliendo la vera strada della multidisciplinarietà e dell’integrazione tra professionisti per rendere effettiva un’assistenza sul territorio che finora è spesso mancata proprio nei settori più delicati, come quello dell’assistenza agli anziani, ai malati cronici, ai non autosufficienti.
Con questa scelta l’Italia si allinea alle indicazioni dell’OMS che fino dal 1998, nel documento salute per tutti nel 21° secolo, sostenuto dall’Unione Europea per il raggiungimento degli obiettivi di salute fondamentali allo sviluppo dell’intera società, aveva indicato la necessità dell’infermiere di famiglia/comunità.
Ora le Regioni, che hanno approvato il Patto devono attuare le previsioni che contiene insieme agli Ordini degli Infermieri. La Federazione, anche nell’ottica del protocollo con la Conferenza delle Regioni del dicembre 2018, è disponibile a dare il supporto necessario per applicare ovunque il modello internazionale di assistenza e la figura che oltre erogare le prestazioni infermieristiche necessarie ai cittadini diventerà un punto di riferimento per i servizi e anche per attuare momenti educativi di prevenzione, educare i caregiver di riferimento a prendersi cura del proprio caro, valutare i bisogni assistenziali di un singolo o di un gruppo: del paziente, della famiglia, della comunità. Siamo già al lavoro per preparare i nostri professionisti a interpretare al meglio questo nuovo ruolo che c’è stato assegnato all’interno del Servizio sanitario nazionale.
INFERMIERE DI FAMIGLIA/COMUNITA’
L’obiettivo è valorizzare l’assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone, nell’ambito della continuità dell’assistenza, e dell’aderenza terapeutica in particolare per i soggetti più fragili. In alcune regioni ci sono già sperimentazioni, ma ovviamente l’istituzione di questo tipo di figure in forma strutturale sarà complicata, anche a causa delle carenze negli organici che si sono create negli anni anche alla voce personale Infermieristico. Il Patto per la Salute prevede anche più risorse per le assunzioni, ma c’è ancora molto terreno da recuperare.
Così il Ministro della Salute, Roberto Speranza:
L’infermiere di famiglia è un tassello importante della riforma dell’assistenza sul territorio che abbiamo inserito nel nuovo Patto per la Salute. Di fronte ai cambiamenti epidemiologici e demografici dei prossimi decenni dobbiamo essere sempre più vicini ai nostri anziani e ai malati cronici e questo è uno strumento chiave per le cure residenziali e per evitare che, per mancanza di risposte assistenziali, si vada nei pronto soccorso.
Negli ospedali in cui mancano i medici si punterà sugli anziani e sui giovani: su base volontaria potranno restare fino a settant’anni, ma in parallelo per i laureati in medicina ci saranno contratti a tempo determinato anche dal terzo anno di specializzazione. Non solo: il nuovo patto della salute, con valenza triennale, varato oggi, grazie all’accordo tra Stato e Regioni, guarda anche al rafforzamento della sanità di territorio, vale a dire fuori da pronto soccorso e ospedali. C’è ad esempio il ruolo delle farmacie dei servizi (sono 19mila in tutta Italia, forniranno anche test di prima istanza o prenotazioni di visite specialistiche) ma c’è anche quello degli infermieri di famiglia, che seguono a domicilio per particolari malattie croniche.
IL POTENZIAMENTO
Ci sarà il potenziamento dell’assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale per prevenire l’aggravamento delle patologie legate ai processi di invecchiamento della popolazione. Amplieremo la sperimentazione della Farmacia dei servizi, come presidio rilevante per la presa in carico dei pazienti ed il controllo dell’aderenza terapeutica. Verrà valorizzata l’assistenza infermieristica di famiglia-comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone, nell’ambito della continuità dell’assistenza, e dell’aderenza terapeutica in particolare per i soggetti più fragili.
FONDI
Ma c’è un numero che pesa soprattutto in questo provvedimento: 3,5 miliardi di euro per il biennio 2020-2021. Sono le risorse aggiuntive inserite nel fondo sanitario nazionale, la torta che viene suddivisa tra le varie regioni.
Così il Ministro della Salute, Roberto Speranza:
Penso che questa sia la scelta giusta: grande unità e grande coesione tra lo Stato, il Governo e le Regioni. Proviamo ad investire con 2 miliardi di euro in più quest’anno e 1,5 miliardi il prossimo. Ma abbiamo un obiettivo molto più ambizioso da qui alla fine della legislatura, annunciato insieme al presidente del Consiglio Conte: 10 miliardi per la sanità. Per il Lazio, significa avere a disposizione 350 milioni di euro in più da qui al 2021, che serviranno anche a coprire la carenza degli organici. Sono previste 5.000 assunzioni, il 60% saranno infermieri, il 40% medici. Cambiano anche i sistemi di misurazione dei Lea (livelli essenziali di assistenza): sono le pagelle alle prestazioni sanitarie, che verranno suddivise in tre settori, offerta nella prevenzione, negli ospedali e sul territorio.
LE ASSUNZIONI
Sul fronte degli organici ci sarà un margine superiore, dopo che per anni ci sono stati dei limiti molto rigidi: nel triennio 2020-2022 sale fino al 15%, rispetto all’incremento annuale del Fondo sanitario nazionale, il budget disponibile per nuove assunzioni. Si tratta di una formula complicata che può essere sintetizzata in questo modo: le Regioni che dimostreranno di avere carenze di medici e infermieri avranno margini più ampi per correre ai ripari.
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