Via libera dalla Conferenza Regioni all’attuazione dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità

Dopo l’iniezione di organici del “Decreto Rilancio”, la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) ha avviato con le altre istituzioni il progetto a livello nazionale dell’infermiere di famiglia/comunità (IF/C), previsto nel Patto per la Salute e previsto dalla legge 77/2020.

Le Regioni hanno messo a punto un documento che rende uguale la figura dell’infermiere di famiglia/comunità (IF/C) su tutto il territorio, approvato dalla Conferenza delle Regioni oggi 10 Settembre e che ora potrà e dovrà essere attuato su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo.

Un documento che segue la strada tracciata dal Patto per Salute 2019-2021 e dalle proposte della FNOPI messe nero su bianco in un modello consegnato a Governatori e Ministro della Salute:

La proposta di linee di indirizzo – scrivono le Regioni – è stata redatta dal sottogruppo tecnico a partire dal documento ‘Position statement su Infermiere di Famiglia e Comunità’ della FNOPI, in cui la descrizione delle competenze dell’infermiere di famiglia/comunità (IF/C) risulta completa e in linea con gli orientamenti Europei per quanto riguarda i due ambiti di competenza (famiglia e comunità) ritenuti strategici per la promozione della salute e gestione della cronicità/fragilità sul territorio.

Il documento delle Regioni e il position statement della FNOPI chiariscono bene cosa è, cosa non è, e quali sono le potenzialità e le peculiarità anche formative, organizzative e collaborative di questa figura, che di fatto esiste da anni in molte realtà locali, ma che ora andrà codificata, organizzata, normata e formata in tutte le Regioni.

Ma le Regioni hanno anche sottolineato che dell’infermiere di famiglia/comunità c’è bisogno in fretta per l’urgenza determinata dal fenomeno epidemico da SARS-CoV-2 e per le “potenzialità determinate dall’introduzione di tale professionista sanitario per il potenziamento delle cure primarie” e per questo hanno messo a punto il loro documento.

Chi è l’infermiere di famiglia/comunità (IF/C)

È un professionista della salute che riconosce e cerca di mobilitare risorse all’interno delle comunità, comprese le competenze, le conoscenze e il tempo di individui, gruppi e organizzazioni della comunità per la promozione della salute e del benessere nella comunità. Cerca di aumentare il controllo delle persone sulla loro salute.

È di riferimento, secondo le Regioni, per tutta la popolazione (ad es. per soggetti anziani, per pazienti cronici, per istituti scolastici ed educativi che seguono bambini e adolescenti, per le strutture residenziali non autosufficienti, ecc.…) con particolare attenzione alle fragilità per cui secondo le Regioni è opportuno concentrare il focus dell’infermiere di famiglia/comunità su tale target identificato attraverso l’analisi dei dati epidemiologici e sociodemografici.

Inoltre, in particolari condizioni epidemiologiche, quale quella da COVID-19 attuale, il suo intervento può essere orientato alla gestione di un target di popolazione specifica, ad es. per il tracciamento e monitoraggio dei casi di COVID-19 coadiuvando le USCA, in collaborazione con medici di medicina generale e Igiene Pubblica e nelle campagne vaccinali.

Lavora in modo proattivo, come illustra il modello FNOPI recepito dalle Regioni. Non aspetta solo le prescrizioni, ma intercetta autonomamente i suoi assistiti di cui conosce le problematiche di salute. La finalizzazione dell’azione fondamentale degli infermiere di famiglia/comunità mira al potenziamento e allo sviluppo della rete sociosanitaria con un’azione che si sviluppa dentro le comunità e con le comunità.

L’infermiere di famiglia/comunità fa una valutazione dei bisogni di salute; prevenzione primaria, secondaria e terziaria; conosce i fattori di rischio prevalenti nel territorio di riferimento, la relazione d’aiuto e l’educazione terapeutica; stende piani assistenziali infermieristici, individua quesiti di ricerca infermieristica.

Ma orienta anche ai servizi, fa una valutazione, indicazione e prescrizione dei presidi necessari. Monitora l’aderenza terapeutica, l’empowerment e valuta i sistemi di tele monitoraggio. È lui che attiva consulenze infermieristiche, si occupa della formazione dei caregiver e delle persone di riferimento.

Soprattutto collabora a strategie assistenziali di continuità ospedale territorio, definisce e contribuisce a protocolli, procedure, percorsi e progetta e attua gruppi di auto mutuo aiuto.

Chi non è l’infermiere di famiglia/comunità (IF/C)

La FNOPI spiega che non è l’infermiere di studio del medico; non è l’infermiere che garantisce solo prestazioni (siano esse in AID e ADI), ma collabora con tutti e può erogare prestazioni correlate alle sue specifiche competenze clinico assistenziali.

Al contrario di altre professioni sanitarie, l’infermiere di famiglia e comunità (e in generale l’infermiere) non è una figura tecnica perché il suo intervento non si esaurisce con la prestazione erogata a fronte di una bisogno, ma agisce in modo preventivo, proattivo e partecipativo rispetto al paziente e anche alla sua famiglia perché questi siano in grado di comprendere la loro situazione e di affrontarla secondo i parametri necessari all’assistenza e alla tutela della salute, ma anche da punto di vista sociale e di integrazione per una qualità di vita migliore.

E non va confuso nemmeno con l’infermiere ADI, ma svolge una funzione integrata e aggiuntiva, anche se può erogare direttamente cure infermieristiche complesse.

Come si forma, come si attiva e dove lavora l’IF/C

Le sue competenze secondo la FNOPI sono definite in percorsi formativi specifici post-laurea (tra cui Laurea Magistrale, Dottorato, Master di I e II Livello: oggi sono formati così oltre 6mila infermieri).

E per le regioni sono competenze di natura clinico assistenziale e di tipo comunicativo-relazionale. L’infermiere di famiglia/comunità deve possedere capacità di lettura dei dati epidemiologici e del sistema-contesto, deve avere un elevato grado di conoscenza del sistema della Rete dei Servizi sanitari e sociali per creare connessioni ed attivare azioni di integrazione orizzontale e verticale tra servizi e professionisti a favore di una risposta sinergica ed efficace al bisogno dei cittadini della comunità.

Le Regioni riconoscono la necessità di considerare rilevante prevedere un percorso di formazione specifica con l’acquisizione di titoli accademici, ma perché l’infermiere di famiglia/comunità sia subito operativo propongono di individuare infermieri per i quali sia possibile valorizzare l’esperienza acquisita, la motivazione e l’interesse all’ambito territoriale dell’assistenza. A titolo di esempio avere un’esperienza (almeno due anni) in ambito Distrettuale/territoriale, domiciliare o con esperienza di percorsi clinico-assistenziali (PDTA), di integrazione ospedale-territorio, di presa in carico di soggetti fragili.

L’infermiere di famiglia/comunità secondo il modello FNOPI può attivarsi su prescrizione ma anche autonomamente in particolare per quanto riguarda la promozione di modelli di prossimità e di proattività anticipatori del bisogno di salute rivolti a tutta la popolazione, malata o sana. Questo deve avvenire in un bacino di utenza definito che sia coerente con le condizioni geografiche e demografiche del territorio di riferimento e che condivida con gli altri attori principali del territorio tra cui Mmg e Assistenti sociali

La sua azione si svolge a casa delle persone, negli ambulatori infermieristici, nelle strutture intermedie e afferisce ai servizi infermieristici del distretto di riferimento.

Le Regioni sono d’accordo:

l’infermiere di famiglia/comunità è inserito all’interno dei servizi/strutture distrettuali e garantisce la sua presenza coerentemente con l’organizzazione regionale e territoriale (Case della Salute, domicilio, sedi ambulatoriali, sedi e articolazioni dei Comuni, luoghi di vita e socialità locale ove sia possibile agire interventi educativi, di prevenzione, cura ed assistenza). Agisce nell’ambito delle strategie dell’Azienda sanitaria e dell’articolazione aziendale a cui afferisce, opera in stretta sinergia con la medicina generale, il Servizio sociale e i professionisti coinvolti nel setting di riferimento in una logica di riconoscimento degli specifici ambiti professionali e di interrelazione ed integrazione multiprofessionale.

La presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli

È necessario applicare subito l’innovazione per dare spazio il più velocemente possibile alla nuova figura per l’assistenza sul territorio, anche prevedendo percorsi formativi ad hoc diffusi in tutte le Regioni: l’infermiere di famiglia/comunità non è una figura improvvisata, ma un professionista preparato per poter assistere al meglio i pazienti fragili e le loro famiglie. Ringraziamo i presidenti delle Regioni, la Commissione salute e il suo coordinatore Icardi per l’impegno e il risultato ottenuto. Vogliamo dare il nostro contributo al Paese e lo vogliamo fare assieme a tutti gli altri professionisti della salute – aggiunge – consapevoli che tutte le energie dovranno essere orientate a garantire il diritto alla salute dei cittadini: la Federazione è pronta a collaborare da subito con Governo, Parlamento, Regioni e Associazioni di cittadini e pazienti per dare attuazione concreta a questo professionista essenziale per il territorio.

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