Al test d’ingresso alla facoltà di medicina si sono presentati più di 80 mila giovani. Ma i posti disponibili sono solo 10 mila. È proprio giusto questo numero chiuso? A rispondere è lo stesso Umberto Veronesi, direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Milano. Il numero chiuso a Medicina è stato introdotto nel 1984, e da allora ogni anno si accende la polemica. Con diverse motivazioni e da differenti angolazioni. Esemplifico qui di seguito i punti di vista dibattuti.
Bisogna abolire il numero chiuso: il fabbisogno di medici è stato calcolato male, succederà che rimarremo senza camici bianchi. Bisogna mantenere il numero chiuso: ci sono già decine di migliaia di medici disoccupati, o che sopravvivono collezionando una serie di lavoretti precari. Bisogna togliere il test d’ingresso a Medicina: i risultati non diranno mai chi è davvero adatto a fare il medico; meglio i colloqui attitudinali. La strettoia del test d’ingresso ci vuole: organizzare 80 mila colloqui peserebbe gravemente sulla macchina organizzativa della Facoltà per un tempo infinito. Come si vede, la materia è complessa, e risposte certe non ce ne sono. Io mi sento di dire che si tratta di una polemica tutta interna alla categoria, e che è ora di superarla. Perciò, voglio riesumare dall’oblio una proposta che in anni lontani fu avanzata da quello straordinario personaggio che fu Giulio Maccacaro, il filosofo della scienza, e cioè che ogni aspirante medico dovesse presentarsi con un diploma d’infermiere. Perché sarebbe l’unico sistema concreto per vagliare le capacità reali di confrontarsi con i malati, e di dimostrare salda questa vocazione tra i mille ostacoli della vita quotidiana in corsia. Specializzarsi prima come infermiere servirebbe anche a reintegrare nella figura professionale e umana del medico una parte che è stata scissa nel corso dei secoli, fino ad arrivare a una specie d’insanabile dicotomia: il medico “cura”, ma è l’infermiere a “prendersi cura” del malato, a conoscerne davvero sofferenze e reazioni. Diventare infermiere allungherebbe il corso di studi? Sulla base di questa importante specializzazione preliminare, credo che non sarebbe impossibile snellire e velocizzare la laurea in Medicina, e sarebbe tanto di guadagnato. E se poi l’infermiere non riuscisse a diventare medico? Resterebbe infermiere, e forse la professione infermieristica, già di per sé prestigiosa anche se spesso misconosciuta, ne riceverebbe il lustro che le spetta.
via www.oggi.it